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L'ESPRESSO - giovedì 1 giugno 2006 at 10:13
Chi ha ucciso la Sanità Un deficit che cresce. E rischia di minare il bilancio dello Stato. Colpa di un sistema allo sbando. Tra abusi, Errori E inefficienze


Quattro miliardi e 400 milioni di buco nel 2005. Altri 2,4 nei primi cinque mesi di quest'anno, che alla fine potrebbe chiudere con un profondo rosso di 10 miliardi. I dati sulla scrivania del neo-ministro dell'Economia, Tommaso Padoa Schioppa, dicono che il bilancio della sanità italiana, terza impresa nazionale per giro d'affari, è fuori controllo. Una bomba a orologeria per il governo di Romano Prodi, già alle prese con l'eredità di Silvio Berlusconi: un rapporto tra deficit e Pil che fila dritto verso il 5 per cento e impone di trovare in fretta una cifra compresa tra i 9 e i 14 miliardi.

Se i conti di ospedali e Asl non tornano, in teoria, il problema è tutto del sistema regionale e dei suoi amministratori. Sono loro che devono farsi carico, vendendo i gioielli di famiglia o aumentando le tasse, della maggior spesa rispetto al budget stabilito dallo Stato. Pena il commissariamento. Ma nei fatti le cose non stanno così. Lo dimostrano le ultime leggi di bilancio, nelle quali lo Stato ha ripianato, almeno in parte, i disavanzi accumulati. È successo nella finanziaria per il 2005, quando è stata varata una sanatoria da un miliardo e mezzo. E ancora in quella per il 2006, con un nuovo colpo di spugna da 2 miliardi.

La sanità italiana, che da sola fagocita un quarto dell'intera spesa per la protezione sociale, è un pozzo senza fondo. Secondo le proiezioni del Ceis, il Centro-studi economici e sociali dell'Università di Tor Vergata, il prossimo anno brucerà, nel migliore dei casi, 98,3 miliardi. Che potrebbero però salire a 103,1. E la situazione è destinata a peggiorare. Anche per il solo fattore demografico. I quattro quinti dell'assistenza sanitaria necessaria a una persona si concentrano infatti nell'ultimo venti per cento della sua vita. E nel 2050 gli over 65 saranno il triplo dei giovani (17,8 milioni contro 5,9). Secondo uno studio di Vittorio Mapelli della Statale di Milano, già nel 2010 la sola spesa per i farmaci a carico del Servizio sanitario rischia di far registrare una crescita del 142,7 per cento. "Nel giro di dieci o quindici anni il fabbisogno medico si porterà via poco meno di un sesto del Pil", calcola Ivan Cavicchi, docente di Sociologia dell'organizzazione sanitaria.


I governatori regionali si difendono cifre alla mano. E citano i dati dell'Health Data 2005 dell'Ocse, secondo i quali nel 2003 la spesa sanitaria italiana non è andata oltre il 6,3 per cento del Pil. Ospedali e Asl, insomma, sarebbero costati molto meno che in Francia (7,7 per cento del Pil) e Germania (8,6 ). I numeri però non dicono tutto. Per esempio, che la copertura assicurata dallo Stato alla spesa sanitaria in Italia è inferiore rispetto ai paesi presi a confronto: il 75,1 per cento, dice sempre l'Ocse, contro il 76,3 della Francia e il 78,2 della Germania. Uno studio di Ambrosetti-The european house rivela che tra il 2000 e il 2005 la spesa degli italiani per i farmaci è cresciuta del 7 per cento l'anno.

Ma non è solo questione di cifre assolute. Il fatto è che la gestione di questi soldi fa acqua da tutte le parti. Secondo l'ultima indagine Eurobarometro della Commissione europea, solo lo 0,8 per cento degli italiani è molto soddisfatto del servizio sanitario. La media Ue è 11 volte più alta. I molto insoddisfatti sono invece il 25,9 per cento. Due volte e mezzo più della media continentale. Dati confermati lo scorso anno dall'Ocse: solo i portoghesi e i greci si lamentano dei loro ospedali più degli italiani. Che infatti sempre più spesso decidono di mettere mano al portafoglio per trovare rifugio nella sanità a pagamento: "Nel corso dell'ultimo quindicennio il finanziamento privato ha visto aumentare il suo peso con un incremento di incidenza sul Pil superiore a quello della componente pubblica", si legge in uno studio del Cerm, che sottolinea come un fatto simile si sia registrato solo in Italia e in Spagna. Risultato: secondo dati dell'Istat rielaborati dal Ceis, al momendo di saldare la parcella della clinica l'1,3 per cento delle famiglie finisce sotto la soglia di povertà.

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