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Rassegna Stampa |
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Gazzetta dello Sport - mercoledì 6 febbraio 2008 at 16:02
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Al telefono con Gianmarco Pozzecco. "Un’intervista a mia madre? E dovrei avvisarla? Proprio ieri sera abbiamo avuto una discussione... Insomma, una bella baruffa. Però è brutto se non l’avviso, eh? Va bene, la chiamo". Non la chiama. Manda un sms che adesso Lalla Pozzecco - sarebbe Laura ma è una lunga storia, ve la raccontiamo dopo - declama divertita nel salotto di casa ("almeno è coerente, ha detto che non l’avrei sentito per un po’ e tecnicamente non l’ho sentito"). Come ve l’immaginate la mamma di Pozzecco? Ecco, Lalla è così, minuta e vivace, un’irresistibile macchina da aneddoti. Papà Franco, vecchia roccia del basket triestino anni 70, è l’opposto: un orso Baloo colossale e pacioso. Dirà alcune cose bellissime, ma questo è il palcoscenico di Lalla. I rumori di fondo sono di un merlo che parla un eccellente dialetto giuliano. IL DIFENSORE - "Regalo del figlio maggiore, Gianluca, detto il capobranco perché la leadership in famiglia è da tempo sua. Ha due anni più di Gianmarco, un negozio di computer, non ci ha mai dato pensieri e la sua vera professione è avvocato difensore del fratello. L’altra sera, come sa, abbiamo litigato: Gianluca mi ha chiamato dopo un po’ per dirmi che ero stata troppo dura. Si sono sempre voluti bene pur essendo molto diversi, cosa che Gianmarco un po’ pativa. Ricordo il suo sguardo beffardo un giorno che lo pizzicai a marinare la scuola, che nel nostro dialetto si dice fare lippe. 'Lo sai con chi ho fatto lippe, mamma? Con il santo'. Intendeva suo fratello". TI GIURO - "A meno di un anno Gianmarco evade dal lettino scendendo un piano di scale a gattoni, a due mi espone a figure terribili in tram perché grida 'quella signora ha i baffi' indicando la poveretta, a tre mi costa la multa per non avergli pagato il biglietto sul bus, il cui controllore lo trova alto un metro esatto. Tornati a casa lo piazzo contro lo stipite che usiamo per le misure: 98 centimetri. 'Ma in autobus ero sulle punte dei piedi' dice trionfante. Da ragazzino la frase che gli sento dire più spesso è 'ti giuro che stavolta non è colpa mia'. L’altra, quando minaccio di fargli saltare l’allenamento se non finisce i compiti, è 'telefono a Franco'...". "Per lui - interviene il padre - non siamo mai stati papà e mamma, ma Franco e Lalla". "Tranne quando ha scoperto che il mio nome da ragazza era Laura Boedan. Cominciò a chiamarmi così cento volte al giorno, 'Laura Boedan, sono pronti gli spaghetti?', 'Laura Boedan, hai lavato la mia tuta?', 'Gianluca, hai visto Laura Boedan?'. Ho dovuto intimargli di tornare al Lalla. Crescerlo è stata la fatica più bella che possa augurare a ogni madre, i problemi sono sempre andati a braccetto con le soddisfazioni. Ma fatica lo sottolinei, eh... Ho sempre pensato che sarebbe diventato un campione, fin dal minibasket le cose gli venivano troppo facili. Il problema era convincerlo a giocare con gli altri. Se dava un assist e il compagno sbagliava, altri palloni se li sognava. Io lo rimproveravo. Era imbarazzante, le madri dei suoi amichetti mi squadravano furenti. E lui 'guarda che a portare su la palla ci si stanca, perché buttarla via'?". IL CALCIO - "Io pensavo che sarebbe diventato un calciatore, non ha idea di quanto fosse divertente da vedere - dice il padre -. Forse ha puntato sul basket per battere il mio scetticismo". "La sera del debutto in serie A - di nuovo Lalla - era ospite con la squadra in tv. Mi chiama per segnalare la capigliatura 'creativa' scelta per l’occasione: a me le sue mattane piacciono, abbiamo lo stesso carattere, ma a Franco non dico niente, è più tradizionalista. Quando la telecamera inquadra il cranio quasi rasato, con i pochi capelli superstiti che disegnano un variopinto POZ, lui esplode 'adesso tutta Italia ha visto quella testa'...". Nella ricerca della stima cestistica di Franco quel debutto era solo il primo passo. Una notte squilla il telefono di casa, accendo la luce e vedo che sono le 3 e mezza. Pronto... "Mamma, sveglia tutti e metti il viva voce!". Ma Gianmarco, cos’è successo, hai visto che ore sono? "Il viva voce!". Due minuti dopo siamo radunati, io, suo padre e suo fratello. "Ci siete tutti? Tenetevi forte: Messina mi ha convocato in na-zio-na-le!"». VICINI - "Questo è Gianmarco - dice Franco con tenerezza -. Ci ha sempre nascosto i suoi problemi facendoci invece partecipare in tempo reale alle sue gioie. E volendoci sempre vicini". "A Varese e Bologna ho vissuto lunghi periodi con lui - ricorda Lalla -. E’ incredibilmente geloso. Se metto un vestito appena scollato è capace di dirmi 'dove vai così conciata, credi di essere una ragazzina?'. Che tipo... Mi ha sempre trattato come una principessa, gli anni di Varese sono stati i più belli della mia vita. Gianmarco è un ragazzo buono, e devo dire che i tifosi di Cantù l’hanno capito, con quello striscione che l’ha commosso sino alle lacrime. L’ho preso come un indennizzo: una volta a Cantù ci corsero dietro, a tutta la famiglia intendo, se non fosse intervenuta la signora Recalcati sarebbe finita male". "Una volta Charly mi ha raccontato la riunione prepartita della finale-scudetto di Varese - racconta il padre -. Lui spiegava, Gianmarco tirava palline di carta a De Pol, che slacciava le stringhe a Meneghin, che infastidiva non so come Zanus Fortes. Charly pensò di interrompere, ma decise di far finta di niente. Andarono in campo, giocarono nel modo richiesto, e vinsero il titolo. Erano fatti così, avevano bisogno di abbassare la pressione. Per questo Recalcati ha convocato Gianmarco per ultimo all’Olimpiade di Atene, voleva preservarlo". ATENE - "Ma in finale se l’è dimenticato in panchina - interviene Lalla -, l’Argentina si poteva battere. Ho visto la partita accanto a Benedetta Mazzini, la figlia di Mina, e una sua amica. Stravedevano per Gianmarco, alla fine mi hanno dato un numero di telefono da passargli. Era uno scherzo. Lui ha chiamato, e ha risposto... Mina. Sono rimasti un’ora a parlare, lei lo apprezzava, lui era incantato. Credo che il più incredibile dei suoi talenti sia comunicare. A Varese passava i pomeriggi nella villa dei Missoni, a chiacchierare in dialetto con Ottavio e Rosita, entrambi pazzi di lui". "A Mosca aveva un rapporto speciale con Vera Vakulenko, la potente vicepresidente del Cska - dice Franco -. Per parlare con quella donna la gente fa ore di anticamera, ma appena vede Gianmarco, non esiste nient’altro. Quando a un party la informarono che ero suo padre, mi fece trattare come un re. Grazie a mio figlio ho vissuto molto al di sopra di ciò che compete a un impiegato del Lloyd Adriatico, e gliene sarò grato per sempre". Lalla non dice più niente, "basta, altrimenti mi metto a piangere. Sono andata bene?". Benissimo signora, perché? "Perché magari legge l’intervista e mi telefona". Gianmarco, chiama la mamma o da domani scriviamo che sei scarso. dal nostro inviatoPaolo Condò
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